JULIA E LA LUNA
Ieri ho partecipato a un incontro all'Università del North Texas, con Julia Butterfly Hill (1974), l'attivista che nel 1997 a 23 anni è salita su una sequoia gigante della 'Lost Cost' in California per difendere la foresta 'Headwaters' dal disboscamento al quale un accordo tra le autorità e la compagnia 'Pacific Lumber' l'avevano condannata. Julia è scesa dall'albero , chiamato Luna, dopo più di due anni. Solo dopo aver ottenuto la protezione di Luna e dell'area circostante per il raggio di 60 metri. Ha vissuto per 738 giorni su una piattaforma di un metro per due con dei teli di incerato per ripararsi dalle intemperie e cibandosi di quello che gli amici riuscivano a portarle quando non erano bloccati dagli uomini della compagnia interessata.
Quello che mi ha colpito non è tanto la sua storia personale ma quello che la sua storia rappresenta.
Durante l'incontro ha raccontato un aneddoto della vita di Gandhi che lei sente come fonte di ispirazione: un giorno una giovane madre si presenta da Gandhi con il figlio chiedendo che il maestro parli con il ragazzo per convincerlo a mangiare meno zucchero (il ragazzo soffriva infatti di diabete). Gandhi rifiuta e chiede alla madre di portare suo figlio la settimana successiva. Così dopo una settimana, madre e figlio tornano dal maestro e questa volta Gandhi accetta di parlargli. Dopo l'incontro, la madre, soddisfatta, chiede al maestro perché l'abbia fatta attendere per una settimana e lui risponde:"Avevo mangiato troppo zucchero la scorsa settimana". Salire sull'albero ha messo a repentaglio la sua vita come lo era quella della foresta stessa. Da questa condizione lei ha saputo lottare.
Quello che mi colpisce di queste storie è proprio l'umanità dei protagonisti. Julia non è una persona speciale come non lo era Gandhi. Quello che li differenzia dagli altri è la fede assoluta in un progetto e l'estremo coraggio che serve per metterlo in atto. E' questo che li rende eccezionali. Martin Luther King ha segnato la storia di questo paese e lo ha fatto perché 'aveva un sogno' e a questo si è aggrappato.
E il bello è vedere come la forza di questa donna si autorigeneri proprio dal mantenere fede al suo ideale. E' questo che le ha dato forza in quei due anni. Rimanere aggrappata a quell'albero (simbolo del suo amore) le ha dato la forza per resistere a tutto. Lei dice che proprio l'albero glielo ha insegnato: saldo a terra con le radici e flessibile con chioma resiste alle più terribili tempeste. E qui mi rendo conto di quanto la mia vita sia invece più simile a un elastico. Un continuo allontanarmi e avvicinarmi ai miei principi in cerca di un equilibrio, di un compromesso tra quello sento e quello vedo ogni giorno succedere. Abitudine, sfiducia, sconforto? Può darsi. Menomale che talvolta si incontrano persone ed esperienze che ci ricordano quanto grandi possiamo essere. E ognuno di noi fa la differenza. Anche se per farla, alle volte, occorre disobbedire, come dice Julia:"La disobbedienza civile è uno degli strumenti più efficaci in tutti i campi, dal sociale all'ambientale. Significa riconoscere che le leggi sono fatte da esseri umani, che, in quanto tali, possono commettere errori. Vivere in basi a leggi ingiuste vuol dire consentire che vengano perpetrate ingiustizie. Prendere posizione in favore di leggi superiori è la strada per ottenere un cambiamento. Ed è proprio con la disobbedienza civile che è stata realizzata la maggior parte dei cambiamenti nella storia dell'Umanità."
Monday, April 23, 2007
Monday, April 16, 2007
POLDO SACCHETTI
Quando ero piccola nel quartiere dove abitavo si era diffusa la leggenda dell'esistenza di un uomo nero fatto da sacchetti di pastica, chiamato Poldo, se la memoria non mi inganna. Ovviamente tutti noi pischelli ci credevamo e lo temevamo, evitando di aggirarci nelle zone dove sembrava fosse comparso durante le notti estive. Non avrei immaginato potesse trattarsi di una premonizione di quello che vivo oggi: sono sommersa dai sacchetti di plastica!!! Ogni volta che fai la spesa, qui, sono i cassieri o i loro gentili aiutanti, a impacchettrti la roba che hai comprato nei sacchetti. E per quanto tu chieda di mettere più oggetti all'interno dello stesso sacchetto sembra che loro non ti capiscano. Hanno forse una percentuale su sacchetto riempito?! No, davvero, siamo invasi e non so cosa farci. Nessuno ha delle idee? Avevo pensato di farne riempimento per cuscini ma mi pare sarebbe poco traspirante e anche fastidiosamente scricchiolante. Il riciclo, peraltro è difficile perché non ho mai visto gli appositi contenitori per la plastica. Forse qualcuno sa come funziona la monnezza americana?!
Saturday, April 7, 2007
EASTER
Voglio l'uovo di cioccolato! Che tristezza passare la Pasqua senza un'ovetto da aprire e gustare...
Qui vendono solo piccoli ovetti di cioccolato ricoperti da zucchero colorato e un'infinità di dolcetti a forma di coniglietto. La tradizione infatti, vuole che Easter Bunny the Rabbit, porti uova colorate ai bambini lasciandole nei nidi fatti a mano dai bambini o nei più comodi cestini colorati di WalMart. Spesso i genitori nascondono degli ovetti di plastica colorata, ripieni di sorprese (dolci o soldi) in giardino e i bambini divertono a cercarli.
L'origine della tradizione non è Americana ma est-europea (Germania, Ungheria) dove la lepre (non il coniglio) era simbolo della fertilità e quindi della primavera. Anche l'uovo è simbolo di nuova vita e così è nata la lepre che lascia uova colorate!
Wednesday, April 4, 2007
DELIRIA AMICORUM
ospitedel giorno ANNA
Le strade qua sono già curve di papaveri, il paradosso di un mondo climatico che offre dimensioni imprevedibili al posto di conoscenze millenarie e di riscontri rassicuranti..nei marciapiedi inciampano centinaia di identità, frettolose, sorridenti, preoccupate, assorte, appese, macchiate, in ebollizione. La primavera brancola in questo alveolo di incroci e di ciglia umide, di funerali e di lunghi matrimoni in rosa, fra i ciuffi dritti d'erba, nelle pietre scalcinate di monasteri di campagna, fra ciottoli di rame e fragole e succo di limone, nel fiorentino aperto di una città a passo d'uomo e nei fusi segreti di paesi di sabbia e di collina. L'odore forte dei campi appesi e di un mare tumido e sereno, le depressioni e le elaborazioni laboriose di chi è ancora contratto nelle richieste e nel giudizio, le braccia allentate di chi fatica con il pane in borsa e una gioia più coriacea delle melanconie e ancora il mondo si spalanca in questi accordi dissonanti, con un sole che fa da sfondo sopra un cielo libero fra l'ocra e l'azzurro.
ospitedel giorno ANNA
Le strade qua sono già curve di papaveri, il paradosso di un mondo climatico che offre dimensioni imprevedibili al posto di conoscenze millenarie e di riscontri rassicuranti..nei marciapiedi inciampano centinaia di identità, frettolose, sorridenti, preoccupate, assorte, appese, macchiate, in ebollizione. La primavera brancola in questo alveolo di incroci e di ciglia umide, di funerali e di lunghi matrimoni in rosa, fra i ciuffi dritti d'erba, nelle pietre scalcinate di monasteri di campagna, fra ciottoli di rame e fragole e succo di limone, nel fiorentino aperto di una città a passo d'uomo e nei fusi segreti di paesi di sabbia e di collina. L'odore forte dei campi appesi e di un mare tumido e sereno, le depressioni e le elaborazioni laboriose di chi è ancora contratto nelle richieste e nel giudizio, le braccia allentate di chi fatica con il pane in borsa e una gioia più coriacea delle melanconie e ancora il mondo si spalanca in questi accordi dissonanti, con un sole che fa da sfondo sopra un cielo libero fra l'ocra e l'azzurro.
Tuesday, April 3, 2007
NAKED STATES
Non so se lo conoscete già, ma se per caso non lo conoscete, approfittate di queste mie due righe e riparate. Si tratta di Spencer Tunick, classe 1967, fotografo nato a Middletown, New York. Avevo sentito parlare di lui qualche anno fa e poi, qui, mi sono imbattuta nel documentario che è stato girato nel 1994 nell'intento di seguire il sogno visionario e contagioso del fotografo: fotografare nudi di persone comuni all around the States. E così, dopo uno degli arresti subiti per oscenità in luogo pubblico (nello specifico Time Square) Tunick, parte con in mano solo uno dei pezzettini del suo progetto-puzzle (la foto di New York) alla ricerca degli altri 49 pezzi. Il documentario "Naked States" ti porta dentro la realtà di quel viaggio, lasciando intuire la determinazione del fotografo e la fiducia nel proprio progetto malgrado tutte le difficoltà, inevitabili, in un giro in forgone lungo tutto gli Stati Uniti d'America, andando in giro a chiedere alle persone per strada, di essere fotografate nude in pubblica piazza!
Il risultato venne esposto in una personale a New York e da lì i progetti del fotografo si sono allargati e ora sta fotografando Nudi all around the World. E il bello è che in numero di persone disponibili aumenta di volta in volta facendogli raggiungere la cifra di 7000 nudi (spagnoli a Barcellona!). La storia di Tunick mi ha coinvolto e affascinato per diversi motivi ma alla fine quello che mi è rimasto è quello che raccontano quei corpi di armoniosa e naturale imperfezione che così tanto bene esprimono tutta la loro umanità. Non voglio dire altro e vi linco direttamente a un sito dove ammirare la sua opera più recente e a un altro sito per il lavoro di cui ho parlato.
Non so se lo conoscete già, ma se per caso non lo conoscete, approfittate di queste mie due righe e riparate. Si tratta di Spencer Tunick, classe 1967, fotografo nato a Middletown, New York. Avevo sentito parlare di lui qualche anno fa e poi, qui, mi sono imbattuta nel documentario che è stato girato nel 1994 nell'intento di seguire il sogno visionario e contagioso del fotografo: fotografare nudi di persone comuni all around the States. E così, dopo uno degli arresti subiti per oscenità in luogo pubblico (nello specifico Time Square) Tunick, parte con in mano solo uno dei pezzettini del suo progetto-puzzle (la foto di New York) alla ricerca degli altri 49 pezzi. Il documentario "Naked States" ti porta dentro la realtà di quel viaggio, lasciando intuire la determinazione del fotografo e la fiducia nel proprio progetto malgrado tutte le difficoltà, inevitabili, in un giro in forgone lungo tutto gli Stati Uniti d'America, andando in giro a chiedere alle persone per strada, di essere fotografate nude in pubblica piazza!
Il risultato venne esposto in una personale a New York e da lì i progetti del fotografo si sono allargati e ora sta fotografando Nudi all around the World. E il bello è che in numero di persone disponibili aumenta di volta in volta facendogli raggiungere la cifra di 7000 nudi (spagnoli a Barcellona!). La storia di Tunick mi ha coinvolto e affascinato per diversi motivi ma alla fine quello che mi è rimasto è quello che raccontano quei corpi di armoniosa e naturale imperfezione che così tanto bene esprimono tutta la loro umanità. Non voglio dire altro e vi linco direttamente a un sito dove ammirare la sua opera più recente e a un altro sito per il lavoro di cui ho parlato.
Subscribe to:
Posts (Atom)